30 - Vespasiano ad Alfonso d'Aragona. Firenze, 12 marzo 1468

Illustrissimo principi et clarissimo domino, post humile recomendatione premissa etc.

Adì 9 scripsi alla vostra illustrissima Signoria d'uno degno facto d'arme facto in Valachia: aretela <ha>vuta. Di nuove qui sono poche chose degne. Aspectasi la speditione di questa pace da Roma, che chome havete inteso l'ha prolunghata infino adì 15, e il simile farà per torre tempo alla lega e avere meso a pratichare di nuovo cho' Cardinali. Pare abbi pocha voglia abbi conclusione, e se potrà etiam none farà nulla. Solo resta a che via vanno i vinitiani: che se hanno retifichato, chome ce ne sono lettere da Roma, non è molto buono segnio, perché di principio quando il Papa lo publichò, i principali di Vinegia ne feciono infra loro grande allegreza; di poi, chom'eglino vidono la lega non retifichare, cominciorono in publicho a biasimare e dire che il Papa haveva facto male a publicharla in questa forma. Sendosi mossi hora a retificare, sarebbe l'opposito a quello hanno detto, e non pare molto buono segnio di volere la pacie. Dubito che i manchamenti d'altri non gli faccino più gagliardi che di loro natura non sarebbono, e voglia Iddio che l'abbi buono fine. Se ogniuno havessi facto quello ha facto la Maestà del Re vostro padre, di far <e> <l>ui provedimenti sanza andare mendichando la pacie, e chi ha aspectato gli sia domandata per aventura l'arebbe domandato lui. Alla lega le chose sono qui e possonsi più tosto riprendere che emendare, e presto si vedrà che fine arà.

I merchatanti venghono da Lione dichono l'acchordo di Philippo Monsigniore none havere efecto e che per tutto si dice lui esser d'achordo chol Ducha di Borghognia: che se fussi vera none molto buona novella, ed è per aventura di quelle chose fa istare fermi i Vinitiani e pigliare animo più none arebbono.

Se l'achordo del Turcho fussi seguitato che non è né il simile arà luogho, sarebbono montati in luogho non si potrebbe con loro.

Quando sentirò chosa alchuna degnia, credendo fare chosa sia grata alla illustrissima vostra Signoria, <lo farò> d'una bonissima voglia. Se il mio scrivere vi paressi lungho, chome ho iscritto piu volte alla Maestà del Re, inputatelo a una singulare fede e devotione ho allo stato di Sua Maestà e della vostra illustri<ssi>ma Signoria, alla quale quanto più posso mi rachomando.

In Firenze, adì 12 di marzo 1467.

Vestre Illlustrissime Dominationis Servus

Vespasiano di Philippo

[a tergo]

Vespasianj de Philippo, 16 marcij 1468.

<Illustrissimo> Principi et clarissimo Domino, <Domino> Alfonso Dei gratia Regis <Prim>ogenito et Illustrissimo Duci <Cha>labrie Domino ac benefactorj <meo> singularissimo.

A Chascina.

Lettera 30

Originale, non autografa.

"principi" ... "domino" ... "Signoria" ... "Alfonso Dei gratia Regis <Prim>ogenito et Illustrissimo Duci <Cha>labrie"

Alfonso d'Aragona, duca di Calabria, poi re di Napoli col nome di Alfonso II, figlio di Ferdinando I (cfr. lettera 27). Alla morte del padre gli succederà al trono del Regno (1494).

"Aspectasi la speditione di questa pace da Roma"

Durava la guerra tra Venezia e Firenze, ma l'una e l'altra sentivano bisogno di pace. Il Pontefice, Paolo II, volle aver lui l'onore della conclusione del trattato, e il 2 febbraio del 1468 lo pubblicò. La pace venne definitivamente sancita solo nel maggio dello stesso anno.

"Papa"

Pietro Barbo, nominato Papa nel 1464, come successore di Pio II (per cui cfr. lettera 22), con il nome di Paolo II.

"Maestà del Re vostro padre" ... "Sua Maestà"

Si tratta di Ferdinando I d'Aragona, padre di Alfonso e corrispondente di Vespasiano (cfr. lettera 27, lettera 28 e lettera 29).

"Ducha di Borghognia"

Carlo "Il Temerario". Nel 1467 succedette al padre come duca di Borgogna e l'anno seguente sposò a Bruge Margherita di York, sorella di Edoardo IV re d'Inghilterra.