13 - Giannozzo Manetti a Vespasiano. Napoli, 8 dicembre 1456
Messer Giannozo Manetti a Vespasiano salute.
Avendo ne' giorni passati facto risposta a una tua, non m'acchadeva per al presente averti a scrivere, se non fusse achaduto nuovamente uno accidente horribile, del quale io intendo per questa sua brevità darti notitia.
Sabato a dì 4 di questo, a hora circa 11 di notte, a tempo tranquillo sanza altro segno precedente, sopravenne uno spaventevole tremuoto, il quale fu di tal natura ch'egli isbalordì ogni huomo, et procedette con danno assai et qui nella terra et di fuori per tutto, in spatio di circuito di circa miglia 70, et durò per spatio di due Misereri da frati.
Il damno che egli ha facto qui è universale, che non è chiesa né edificio secolare che non sia stato grandemente offeso, peroché più chiese sono sute frachassate, alchune rovinate, le mura pelate. Quelle che n'hanno ricevuto minore danno si truovano co' tecti disfacti et co' champanili in terra. De' palazi grandi ti dico il simile. Il castello di Santeremo, che è allato alla chiesa di Certosa et soprastava alla terra, è rovinato; il monistero predecto <ha> ricevuto danno assai, et in varii luoghi della terra ci si truova morti circa persone cento.
I luoghi flagellati sono molti fuori della città. Et lasciando i casali et le ville, ti dirò solo delle castella et delle terre. La terra Nola, Sant'Aghata, La Palude, La Cava, Sansoverino, Salerna, Benevento, Troia, Aversa, Capua, Arriano infino a Sessa, Gaeta: tutti i luoghi che ha trovati in queste circunstanze ha percosso variamente, et facto varij danni secondo la deboleza et sito de' luoghi, peroché a parte delle terre predecte ha frachassate le mura, a parte rovinato delle case et a parte sprofondatole con grande occisione di molte persone.
Condussesi questo impeto infino a Foggia, che è una città in Puglia, dove si trovava la Maestà del Re et la maggior parte della corte in numero di cavagli più che 2000, ma non vi fe' danno.
È rimasa la brighata tutta sbalordita tra pel fragello ricevuto et per sospecto non vengha degli altri; ma, per gratia di Dio, non n'è poi venuti più che due altri sì piccholi, che niente di danno hanno facto. Attenderencisi per rimedio non del fragello passato, che è Stato danno inestimibile et inremediabile, ma per sospecto del future ad albergare alla campagna, et andare di dì et di nocte a processione universale.
Noi, per gratia di Dio, siamo tutti salvi; ma siamo rimasi sbalorditi, non altrimenti che tordi che abbino avuto della ramata nel beccho. Ingegnerenci di far bene, et volgerenci a Dio con l'orationi, et con divotione ci racchomandercino a Colui in cuius manu sunt sortes nostre et presentes et future.
A' piacer tuoi. Che Christo di mal ti guardi.
In Napoli, adì 8 di dicembre 1456.