Il castello dei destini incrociati

La genesi dell'opera

L’idea artistica di utilizzare le carte dei tarocchi come macchine narrative e topoi del racconto nasce ad Italo Calvino nel 1968 grazie ad un seminario ad Urbino dal titolo Seminario internazionale sulle strutture del racconto durante il quale l’autore ha modo di ascoltare l’intervento Il racconto della cartomanzia e il linguaggio degli emblemi del semiologo Paolo Fabbri.
L’impresa di costruire delle storie a partire da un mazzo di tarocchi, nello specifico quello di Marsiglia, è ardita e ben presto l’autore abbandona il lavoro. Le bozze di alcune storie confluiranno qualche anno dopo ne La taverna dei destini incrociati, la seconda raccolta de Il castello dei destini incrociati (Einaudi, 1973) che è preceduta da un'altra raccolta di racconti concepita qualche anno dopo.

Figura 1. I tarocchi di Marsiglia [fonte: Wikimedia]

Tra il tentativo artistico del 1968 e l’edizione definitiva del 1973, Calvino ha modo di sperimentare la narrazione fantastica attraverso l’utilizzo di un altro mazzo di tarocchi: il Pierpont-Morgan Bergamo, uno dei tre mazzi più famosi del gruppo Visconti-Sforza. L’autore viene di fatto incaricato dall’editore Franco Maria Ricci di scrivere un testo che corredi il volume Tarocchi. Il mazzo visconteo di Bergamo e New York.
L'esplicito richiamo al filone narrativo epico-cavalleresco - in particolare, all’Orlando furioso di Ludovico Ariosto - aiuta l’autore a completare l'impresa letteraria.

Figura 2. Frontespizio dell'Orlando furioso di L. Ariosto del 1551 [fonte: Wikidata]
Figura 3. Franco Maria Ricci e Italo Calvino [fonte: Finestre sull'Arte]

La raccolta Il castello dei destini incrociati nasce quindi come commento alle carte del mazzo visconteo dei tarocchi riprodotte nella stampa di Ricci.
Nel 1973 Calvino decide di rimettere mano alla prima raccolta abbandonata (La taverna) per completarla e pubblicarla insieme con le storie de Il castello all’interno di un unico lavoro che prenderà appunto come titolo quello della raccolta meglio riuscita.
L’edizione, così come immaginata nella mente di Calvino, avrebbe dovuto contenere una terza raccolta, Il motel dei destini incrociati, mai concepita: l’autore esplicita, infatti, il sopraggiungere del suo disinteressamento alla materia, sintomo della sua creatività e della sua produzione artistica sempre in mutamento (Calvino 1973, 128).

La «macchina narrativa combinatoria» e la costruzione del quadrato magico

La certezza dell'utilizzo del mazzo di tarocchi Pierpont-Morgan Bergamo è giustificata dalle parole dell’autore che nella Nota biografica al testo cita Il Diavolo e La Torre come carte mancanti del mazzo (ivi, 123): il mazzo visconteo presenta infatti un numero di 78 carte originarie (22 trionfi, 16 carte di corte e 40 numerali), delle quali 4 sono andate perdute nel corso del tempo (Il Diavolo, La Torre, il Cavaliere di Denari e il Tre di Spade).
Delle carte perdute, l’autore utilizza Il Diavolo, La Torre e il Cavaliere di Denari per la costruzione delle sequenze narrative delle storie de Il castello, escludendo soltanto il Tre di Spade. Calvino inoltre non impiega alcune carte presenti nel mazzo: il Tre di Denari, il Quattro di Coppe e il Tre di Bastoni.
Ma in che modo Calvino afferma di adoperare le carte dei tarocchi come una «macchina narrativa combinatoria» (ivi, 124)?
Le premesse narrative sono le stesse per entrambe le raccolte che di fatto vengono concepite negli anni di soggiorno a Parigi (1967-1980) dell'autore durante i quali egli ha modo di entrare in contatto con il gruppo sperimentale Oulipo.

Figura 4. Italo Calvino con alcuni membri dell'Oulipo nel giardino di François Le Lionnais il 23 settembre 1975 [fonte: Flickr]


La contrainte oulipiana all’interno dell’opera calviniana si può definire doppia: la prima è che i viaggiatori presenti all’interno del castello sono desiderosi di raccontare ognuno la propria storia ma hanno perso la parola e l’unica via per esprimersi è utilizzare un mazzo di tarocchi presente sul tavolo. Il secondo vincolo narrativo costringe ogni viandante a non poter spostare le carte già disposte in sequenza sul tavolo dal narratore precedente ma soltanto ad affiancare alle sequenze già composte altre carte scelte dal mazzo.
Il risultato è un quadrato magico dove al posto dei numeri Calvino immagina le carte. Le prime sei storie, coincidenti ognuna con un capitolo della raccolta, servono all’autore per delineare la forma geometrica; le altre sei storie, presenti all’interno di un unico capitolo (Tutte le altre storie), vengono inserite nel quadrato realizzato a partire da altre sei carte disposte nei quattro punti cardinali (ivi, 41). In questo modo, ogni sequenza narrativa si incrocia con un'altra, così come i destini dei personaggi. Le storie possono essere lette in qualsiasi direzione (i.e. dall'alto verso il basso, da sinistra a destra e viceversa), in modo che il significato di ogni storia narrativa venga dato dal modo in cui ogni carta si combina con le altre carte del mazzo.

Il progetto

Il progetto nasce dalla volontà di indagare l'impianto narrativo combinatorio della raccolta e in particolare l’uso narrativo delle carte e le loro relazioni combinatorie attraverso la costruzione dell’ontologia ODI (Ontologia dei Destini Incrociati di Italo Calvino), una concettualizzazione basata su classi e proprietà dell’uso narrativo delle carte e delle loro relazioni nella raccolta, e della corrispondente base di conoscenza BACODI (Base di Conoscenza dell’Ontologia dei Destini Incrociati di Italo Calvino).
La presente applicazione web MACODI (Macchina Combinatoria dell'Ontologia dei Destini incrociati di Italo Calvino) offre un tentativo di esplorazione dell’opera attraverso una narrazione semantica a partire dalle carte nella loro dimensione narrativo-combinatoria.