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Ne "I Promessi Sposi" questo brano non compare, è stato tolto via dell'A.

La cosa è particolarmente degna di nota.

L'impronta di quel tagliente giudizio sul vicario delle monache (il "buon prete" dei Prom. Sp.) è nettamente illuministica e razionalistica, in polemica consapevole ed esplicita con una concezione "pietistica" e "fideistica", come si ricava da quell'ironico "quello strumento guasto che si chiama ragione".

Nel Manzoni più maturo prevale lo scrupolo religioso, o, meglio, della morale cattolica, che toglie sale alla sua opera; non tanto a tal punto, però, da cancellare quel contrappunto illuministico, fatto di autoironia, che accompagna tutto il romanzo

Tipico, anche sotto quest'ultimo riguardo, anche il brano citato: bontà — strumento della ragione umana (per quanto guasto!)]

Lettura impressionante, forse questa de "La monaca di Monza" ancor più de "I Cenci" di Sthendal. Si comprendono le lontane origini della mafia, quel misto di grandezza feudale spagnolesca e di prepotenza e di delitti, di metodi efferati. Vi è la struttura, e forse la sovrastruttura, feudale che sopravvive ono, già nel XVII secolo, a quelle che erano state le ormai decadute funzioni della nobiltà (vedere Toqueville, L'ancien régime); ma vi è anche (pare a me) un tratto della cultura civiltà spagnola.

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