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ore 12.30 Morte di Luigi Petroselli, nelle sale del CC Comitato Centrale - immediatamente dopo il suo intervento, tornando al suo banco, si è accasciato.

Un'ora prima ci eravamo seduti vicini, parlando affettuosamente e trovandoci d'accordo su importanti e delicate questioni politiche di partito. Nel suo intervento, fra l'altro, aveva detto: "Sono spaventato da un rigurgito di settarismo "viscerale" nel Partito. Ma il nuovo, e il guaio, è che - pur indebitamente - tale settarismo si fa scudo del nome, si fa forte, del nome di Berlinguer" [Non ricordo le parole precise, ma questo aveva detto]. Accostatomi a lui, steso in t in terra, ho avuto subito la quasi certezza che egli stava morendo. Occhi sbarrati, volto violaceo, appena qualche raro e breve respiro, intermittente - faticoso. Lo assisteva il compagno Marri, presidente della Regione umbra, cardiologo, docente universitario. Ben presto, aiutato da un giovane infermiere, ha tentato di rianimarlo premendogli ritmicamente e con foga la zona del cuore.

Invano. Dopo 25 minuti è arrivata la crocerossa, ha portato Luigi al S. Giacomo.

Dove è arrivato morto. Luigi Petroselli è stato un dirigente forte, equilibrato, coi piedi in terra. Da umilissime origini (dalla provincia di Viterbo) era diventato sindaco di Roma. Era stato un buon sindaco, efficiente, rinnovatore, molto popolare. Avendo già avuto una grave malattia vascolare, certamente sapeva che cosa rischiava facendo il sindaco di Roma: quello che è avvenuto. Egli ha scelto aveva scelto.